Quando lo incrociai per caso su un canale digitale a tema almeno la metà della prima stagione era già andata in onda. Mi colpirono subito gli ideogrammi bianchi su sfondo blu elettrico con scritto "Kon Ichikawa Gekijō", cioè il teatro di Ichikawa Kon.
Ichikawa Kon, Ichikawa... quell'Ichikawa Kon? Cioè, il regista del pluripremiato film "L'arpa birmana"? Cito dalla Treccani: "Kon Ichikawa si è distinto da Kurosawa per una maggiore ecletticità, una propensione ai modi della commedia acre e pungente, spesso intrisa di cinismo e humour nero e per il frequente ricorso a grandi opere della letteratura giapponese moderna e contemporanea. Pur legato a modelli di rappresentazione classica, in varie occasioni si è messo in luce per l'originalità delle soluzioni espressive, in particolare nell'uso dello schermo panoramico, della profondità di campo e del colore."
Non avevo collegato le informazioni. C'era lui dietro questa serie! Ecco spiegate molte cose... Non vedevo "Monjirō samurai solitario" da moltissimo tempo ed è stata una bella sensazione ritrovarlo. Ho colto l'occasione al balzo per rivedere qualche puntata trasmessa dal canale digitale dedicato al "jidaigeki", il genere storico ambientato nel Giappone medievale.
Quando ero ancora uno studentello e incontrai "Monjirō" per la prima volta in televisione, credo su Telealtoveneto alla fine degli anni '80, ricordo il senso di disagio che mi trasmise la visione di quel telefilm. Dominava l'oscurità, condita da molta violenza e pochi sentimenti. Ricordo ancora con emozione la voce narrante di Luigi La Monica che introduceva ogni episodio. Credo che il telefilm venne ritrasmesso per un po' su altre televisioni locali, poi più nulla. Purtroppo, all'epoca, non avevo a disposizione nessun videoregistratore. Da allora sono passati trent'anni.
"Kogarashi Monjirō" nasce da una serie di romanzi scritti da Sasazawa Saho e adattati in uno sceneggiato televisivo e poi in un film. Il primo romanzo della serie fu pubblicato nel 1971 mentre lo sceneggiato che arrivò anche da noi, diretto da Ichikawa Kon e interpretato da Nakamura Atsuo, andò in onda nel 1972.
Purtroppo, non ho ancora letto nessuno dei vecchi capolavori del geniale Sasazawa Saho. Sasazawa era uno scrittore prolifico, definito un costante innovatore e uno sperimentatore di narrativa. In particolare è noto per i suoi finali a sorpresa detti "dondengaeshi". Inoltre, Sasazawa introdusse nuove prospettive nella narrativa sui "matatabi", i vagabondi erranti, e sugli spadaccini emarginati che vagavano per le provincie dell'Impero vivendo alla giornata.
L'introduzione del narratore giapponese all'inizio del telefilm fa il suo effetto: "Kogarashi Monjirō... si dice che sia nato in una povera famiglia di contadini nel villaggio di Mikazuki sotto il distretto rurale di Nitta, nella provincia dello Jōshū. Si dice che abbia lasciato la sua città natale quando aveva dieci anni. In seguito la sua famiglia venne data per dispersa. Non è chiaro perché Monjirō, destinato a rimanere solo per il resto della sua vita, sia entrato nel mondo dei mushuku toseinin..."
I "mushuku" (senzatetto) erano individui rinnegati dai familiari a causa della loro condotta giudicata nociva, complice il sistema di implicazione vigente all'epoca che attribuiva la responsabilità di un reato minore anche ai familiari. Perciò, per evitare rogne con l'autorità, la famiglia o il villaggio preferivano allontanare i soggetti pericolosi costringendoli all'esilio. Molti erano contadini impossibilitati a guadagnarsi da vivere a causa di eventi che si protrassero per alcuni decenni. In primis, le conseguenze della grande carestia dell'Era Tenmei (1781-1789), oltre al crollo dell'agricoltura causato dallo sviluppo del capitalismo commerciale.
Il titolo originale del telefilm è "Kogarashi Monjirō". "Kogarashi" non è il cognome del protagonista, bensì indica un vento del nord, freddo e pungente, che soffia dal tardo autunno nella zona settentrionale dell'arcipelago che si affaccia sull'Oceano Pacifico. L'ideogramma indica un elemento in grado di scuotere gli alberi e spogliarli delle foglie secche.
"Monjirō, freddo e pungente come quel vento", oppure "Monjiro del vento del nord che spazza le foglie" potrebbero essere dei titoli più corretti, ma mi rendo conto, improponibili. Inoltre il soprannome "kogarashi", stando al romanzo, deriverebbe piuttosto dal sibilo dello stecchino di bambù che Monjirō soffia dalla bocca. Appunto, simile al rumore delle folate sibilanti del vento kogarashi.
Monjirō possiede una spada ma non è un samurai come sbandiera il titolo italiano, né tantomeno un giustiziere. All'epoca, in Italia, sarebbe stato troppo difficile spiegare termini come "toseinin", "matatabimono", "bakuto" e "tekiya". Difficile e oltremodo inutile.
"Ninja" e "samurai" erano gli unici termini noti al grande pubblico ed era già tanto conoscere il significato di "rōnin".
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