Passa ai contenuti principali

"BOYS OF SUMMER" di Mita Norifusa... grazie alle Principesse!

Non ci volevo andare perché la reputavo una solenne perdita di tempo. Ma visto che il biglietto era gentilmente offerto da terzi, mi sembrava scortesia rifiutare a priori... 

Colpa del solito amico, il quale mi trascinò nonostante le mie resistenze a un concerto di fine giugno (ed era pure di venerdì, la mia giornata libera) alla Shibuya Kōkaidō -oggi Line Cube Shibuya- per ascoltare le Princess Princess che di lì a poco avrebbero chiuso il loro "PANIC TOUR 1992".



Cosa? Princess chi? Princess che? 

Refrattario com'ero alle frivolezze delle idol così come alla superficialità del pop che mi capitava di ascoltare in tv, rabbrividivo al pensiero di trascorrere un paio di ore in mezzo a un pubblico di otaku sudati e agitati, coi loro ventagli pacchiani e quei fastidiosi lighstick! 

Io poi, che avevo l'orecchio educato al sound sporco degli Stooges, al Mod 79 targato Jam, al punk dei Clash, al rock misto reggae dei Police, per non parlare dei capolavori anni ottanta degli U2. Lungi da me la musica indigena...

Eppure, quando ascoltai le Princess Princess aprire il concerto con "Heart Stompin' Music", seguito da "Jōdan ja nai" e "Sore nari ni ii hito", oltre a una carrellata di altri pezzi energici che coinvolgevano quel pubblico eterogeneo, in me scattò qualcosa. 

Pensai, alla faccia! Non mi vergogno di dire che fu hitomebore, il classico colpo di fulmine, sia per le canzoni che per le cantanti. E infatti una parte del merito se la prese il piacevole aspetto delle cinque ragazze. 

A mente fredda l'avrei potuto giudicare uno di quegli scherzi subdoli che a volte fa la musica live, quando ti coinvolge e ti circuisce con la sua atmosfera, proponendoti delle canzoni che in seguito mai confesseresti di apprezzare. Eppure, in quel caso non ebbi il coraggio di fare lo snob a priori. 

La parola corretta fu sunao, un termine utilizzato per descrivere una persona che è aperta, onesta e disposta ad ascoltare gli altri senza pregiudizi o resistenze. Quindi, me ne fregai letteralmente dei miei pregiudizi e lasciai che la musica facesse il resto. 

Fu così che, non so come, non so perché, nonostante non capissi ancora bene i testi, le canzoni di quelle cinque idol mancate, rinate come briosa rock band femminile, si trasformarono in una sorta di ossessione personale.



Le Princess Princess famose lo erano già da quattro o cinque anni. Negli ultimi mesi del 1989 avevano piazzato ben due singoli in vetta alla chart stilata dall'Oricon, all'epoca la bibbia giapponese delle classifiche di dischi. 

Inoltre le Princess Princess, o "Puri Puri", come vengono affettuosamente chiamate dai fan, sempre nel 1989 erano state la prima band femminile a esibirsi nel monumentale Nippon Budōkan. 

E pensare che fino al 1986 avevano seriamente rischiato di diventare una band di idol sdolcinate (all'epoca si chiamavano Akasaka Komachi)! 

Per la cronaca, nel 1992, quando vidi il concerto, la vocal Okui Kaori si era già tagliata i capelli (sigh!), ma questo lo scoprii soltanto più avanti...



Trascorsero un paio di settimane dal concerto. La data me la ricordo ancora: il 15 luglio 1992, il giorno in cui Sony Japan rilasciò l'album "Singles 1987-1992" in versione CD, che corsi ad acquistare presso "Disk Union" di Takadanobaba, così da recuperare qualche brano delle Princess Princess composto durante quei cinque anni a me ancora sconosciuti. 

Sono trascorsi oltre trent'anni da quel giorno d'estate... nel frattempo, ahimé, le "Puri Puri" si sono sciolte.

Tornando a quel lontano, magico 1992, sulla strada che dal negozio di dischi riportava alla stazione della JR, al secondo piano dell'edificio di fronte al Big Box c'era una libreria Hōrindō. 

Decisi di farci una capatina prima di recarmi al lavoro. Fu allora che, transitando per caso davanti al reparto manga, vidi la copertina di "BOYS OF SUMMER" -scritta proprio così, in inglese, a caratteri cubitali blu contornati d'arancione- e mi fermai a sfogliare l'albo. 

Chissà, fosse stato un titolo scritto in giapponese, forse la pigrizia di dover decifrare gli ideogrammi mi avrebbe fatto passare oltre.



Il contenuto era ovviamente il baseball e notai subito l'alto grado nella ricerca del realismo e dei contenuti secondari, cosa che attirò la mia attenzione e mi costrinse a scucire i 500 yen. 

L'autore  Mita Norifusa non l'avevo mai sentito nominare e se devo essere sincero il suo stile non mi piacque granché. Ma disegni a parte, dopo la prima veloce sfogliata, l'impatto fu apprezzabile.

In seguito scoprii che Mita, originario della prefettura di Iwate, nel nord del Giappone, aveva abbracciato la professione di mangaka dopo essersi laureato nientemeno che alla Facoltà di Scienze Politiche ed Economia della prestigiosa Università Meiji. 

Un autore dallo stile a mio giudizio "povero", ma che sapeva affascinare con delle trame coinvolgenti e una descrizione dettagliata della psicologia umana dei personaggi.

"Boys of Summer" è un manga composto da dieci storie brevi riguardanti svariati aspetti del mondo del baseball liceale, e non necessariamente le partite. I protagonisti sono le brass band, gli arbitri, le placard girl e le riserve che trepidano in panchina. 

L'attenzione è posta su quegli aspetti considerati secondari che di norma non vengono mai trattati nel corso di una trama di un manga sul baseball liceale, sviluppati secondo una prospettiva originale, il tutto abbinato a una maniera semplice per spiegare le cose.

Ho tradotto una delle novelle che mi ha colpito di più, intitolata "Neraiuchi", che parla delle brass band. La qualità della carta giallognola non è il massimo per delle scansioni, ma d'altronde l'albo ha la bellezza di trent'anni!



























Commenti