L'anime "Genmu Senki Leda" è un OVA (Original Video Animation) uscito nel 1985, in un’epoca in cui la bolla economica continuava a gonfiarsi sconsideratamente, gli otaku si contavano sulle dita di una mano e lo Studio Ghibli aveva appena cominciato a produrre "Nausicaä".
È considerato una delle prime opere realizzate nell’allora emergente formato OVA, pensato per il mercato home video e rivolto a un pubblico più adulto rispetto a quello delle trasmissioni televisive. La possibilità di evitare la censura della TV generalista tramite questo formato "privato" permise una maggiore libertà espressiva, anche in senso grafico e, soprattutto, erotico.
C'è una cosa che, non essendo un esperto del settore, ho pensato di verificare tramite fonti considerate competenti: la differenza tra OAV (Original Animation Video) e OVA (Original Video Animation) pare sia semplicemente nell'ordine dei termini utilizzati per indicare lo stesso tipo di produzione. Entrambe le sigle, spesso utilizzate in modo intercambiabile, si riferiscono a episodi di anime rilasciati direttamente per il mercato home video anziché trasmessi in televisione.
Eppure, mi dicono, esisterebbe una piccola differenza: il termine OAV venne utilizzato per indicare episodi autoconclusivi o speciali di una serie già in corso.
Mentre, mi dicono, OVA venne usato per riferirsi a produzioni originali destinate al mercato home video, indipendentemente dal fatto che fossero collegate o meno a serie già esistenti.
Ma in quel passato - qui ci si riferisce alla metà degli anni Ottanta - per vedere un film o un anime, gli appassionati dovevano sintonizzarsi su una stazione televisiva o andare al cinema quando il film veniva proiettato. Non c'era internet, né tantomeno le opzioni di riproduzione in qualsiasi momento come oggi con i servizi di streaming. I videoregistratri, poi, si contavano sulle dita di una mano.
Questo significava che se volevi vedere un film o un cartone, dovevi sapere l'orario di trasmissione o la programmazione del cinema, e dovevi essere disponibile al momento giusto per vederlo. Il tutto aggiungeva un senso di attesa e di comunità, perché spesso i fruitori guardavano gli stessi programmi nello stesso momento, discutendone poi insieme.
Il fascino di Genmu Senki Leda", a giudicare da ciò che mi hanno raccontato persone che lo videro in tempo reale, accese l'entusiasmo di molti appassionati giapponesi e pare che continui a farlo tutt'ora: nuove fan art emergono ciclicamente, a testimonianza della sua influenza duratura.
Il titolo dell'OVA si presta a varianti interpretative che differiscono per alcuni dettagli.
Innanzitutto, le scelte degli ideogrammi suggeriscono già un'atmosfera onirica e surreale, in cui si combatterà una guerra che ha a che fare più con mondi interiori, visioni e illusioni, che col conflitto reale.
Scomponendo "Genmu Senki Leda" abbiamo genmu, due ideogrammi che significano "illusione" e "sogno"; senki, cioè "cronaca di guerra"; infine reda, o "Leda", il nome della leggendaria regina di Ashanti.
Una traduzione letterale potrebbe essere "Leda, cronaca della guerra dei sogni illusori". Ma ovviamente è un’interpretazione. In giro ho letto anche "Cronache oniriche di Leda", ma così, a mio parere, si perde il senso dell’ideogramma di "guerra".
Personalmente preferisco "Leda, cronaca della guerra dell’illusione onirica", o meglio ancora "Leda, cronaca della guerra tra sogno e illusione".
Per concludere va sottolineato come gli adattatori italiani, a discapito di ogni variante interpretativa, se la cavarono con un laconico "Le avventure di Leda"...
La storia ha per protagonista una liceale di nome Asagiri Yōko, ragazza introversa che ama la musica e che non riesce a dichiararsi al ragazzo che le piace.
Improvvisamente, mentre ascolta una musicassetta con un walkman, Yōko viene trasportata in un mondo parallelo chiamato Ashanti.
Questo evento dà l’avvio a una storia che, pur semplice, è carica di simbolismo e crescita personale: attraverso l’esperienza nel mondo alternativo, Yōko matura e, al suo ritorno nel mondo reale, trova il coraggio di confessare finalmente il suo amore al ragazzo.
L’opera si configura dunque come una sorta di isekai ante-litteram, una storia ambientata in un mondo parallelo che anticipa molte delle dinamiche moderne del genere.
A tal proposito, è interessante notare che "Seisenshi Dunbine" (Dunbine, il guerriero sacro), del 1983, fu probabilmente la prima serie anime a trattare questo tipo di "convocazione ultraterrena", a maggior ragione in un periodo in cui in Giappone il genere fantasy era quasi del tutto sconosciuto.
Diretto nientemeno che da Tomino Yoshiyuki, quello di Gundam, l'anime combinava fantasy e fantascienza, seguendo le avventure di un diciottenne trasportato nel mondo medievaleggiante di Byston Well. "Seisenshi Dunbine" segue le gesta di un gruppo di giovani uomini strappati alla loro esistenza terrena e addestrati - spesso contro la loro volontà - a diventare piloti dell'armata di un dispotico tiranno, un esercito composto da armi robotiche uniche nel loro genere alimentate dalla mente del pilota.
Una di queste nuove reclute, Shō Zama, non cede all'indottrinamento dei persuasivi istruttori e decide di fuggire per unirsi alle forze di opposizione che vogliono liberare quella Terra...
Adorabili sono i personaggi femminili disegnati dalla compianta Inomata Mutsumi.
Particolarmente impressionante è la battaglia aerea finale, pochi secondi di animazione così intensi e coinvolgenti da lasciare il segno. Nonostante la tecnologia dell’epoca, l'entusiasmo dello staff di produzione è palpabile. In effetti, è un peccato che l’animazione digitale moderna, pur tecnicamente avanzata, spesso non riesca a replicare lo stesso tipo di passione.
Famosa per il suo stile raffinato, fatto di grandi occhi e linee delicate, Inomata era un’animatrice chiaramente influenzata dal mondo shōjo dal quale proveniva.
I suoi disegni non seguivano la tendenza attuale verso personaggi femminili eccessivamente prosperosi, e Yoko ne è un perfetto esempio: una silhouette armoniosa ma non esagerata, dotata di un’eleganza che oggi sembra spesso smarrita.
Inomata ha sempre dichiarato di non essere portata per disegnare elementi meccanici come automobili o robot – e infatti, per questi aspetti fu affiancata dal mecha designer Toyomasu Takahiro.
Uno degli elementi più iconici di "Genmu Senki Leda" è l’aspetto della protagonista durante l'avventura ad Ashanti: Yōko indossa un bikini metallico da combattimento, una scelta innovativa che, leggo, avrebbe influenzato decine di opere successive.
Questa immagine potente – una giovane ragazza armata, sensuale e determinata – pare sia stata considerata uno dei precursore del cosiddetto filone delle "bikini warriors", oggi ben rappresentato e diffuso negli anime.
In realtà, io ricordo l'abbigliamento provocante di Benten e di Kurama, personaggi che debuttarono in "Lamù" qualche anno prima di "Leda". Entrambe le ragazze esibivano dei costumini metallici provocanti, anche se tecnicamente non erano proprio dei bikini.
Forse, non vennero considerate delle combattenti vere e proprie.
Interessante leggere anche che l'antagonista di Yōko, cioè Zell, l'algido comandante supremo di Ashanti, è un personaggio per il quale, nella versione giapponese, scelsero un doppiatore con la voce vagamente ispirata a quella di Char Aznable, la "Cometa Rossa" di Mobile Suit Gundam 0079. Questo dettaglio strizzò l’occhio ai fan di Gundam, rendendo la narrazione ancora più godibile per gli otaku dell’epoca.
Nonostante l’impostazione fantasy, "Leda" si appoggia anche su notevoli elementi mecha, tra i quali un robot umanoide che può trasformarsi in un’aeronave chiamata Leda no tsubasa (ali di Leda), su cui Yōko sale e pilota. Nella forma aerea, l'unità dispone di mitragliatrici; in quella umanoide, il combattimento si limita al corpo a corpo. Non è chiaro se ciò dipenda da una scelta narrativa o da una mancanza, fatto sta che, nella versione romanzata, il robot aveva funzioni aggiuntive e armi supplementari.
Il mio ricordo personale del primo contatto con "Leda" è collegato a un paio di televisioni private degli anni Novanta, nello specifico Triveneta e Tele Chiara. Ricordo che lo registrai in VHS, all’epoca la tecnologia di punta, quand'era ancora in voga pure il walkman con le cuffiette usato da Yōko, oggi semplice residuo di preistoria tecnologica.
Fresco reduce dell’arrivo massiccio di cartoni nel decennio precedente, ricordo che non riuscivo a capacitarmi di come avessero potuto realizzare un’anime così minuzioso e di tale qualità. Anche se non presenta grandi colpi di scena, "Leda" mi emozionò per il suo dinamismo e la forza visiva. Senza contare il bilanciamento tra storia, estetica, musica e caratterizzazione dei personaggi.
Se confrontata con gli standard narrativi moderni è un’opera che appare semplicemente abbozzata. Tuttavia, riguardandola anche oggi, la regia e l'animazione non sembrano affatto invecchiate. Lo considero un frizzante testamento all'entusiasmo dell’epoca e alla bellezza dell’animazione disegnata a mano.
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